Originally published in The Clarinet 49/4 (September 2022).
Printed copies of The Clarinet are available for ICA members.
Luca Saracca intervista Andrea Greganti
by Luca Saracca
English version can be found here
Grazie alla promozione dedicata all’associazionismo nata a gennaio del 2021, che vede L’Accademia Italiana del Clarinetto al primo posto nel mondo come Sister Organization di International Clarinet Association, ho avuto modo di ritrovare e riallacciare contatti con molti amici, colleghi ed ex studenti persi di vista nel corso degli anni. Con grandissimo piacere torno ad incontrare lungo la costa adriatica, tra la Spiaggia di velluto di Senigallia e la Riviera del Conero, Andrea Greganti, clarinettista docente di clarinetto presso l’Istituto Comprensivo Ferraris di Falconara Marittima e direttore di varie Bande musicali tra cui la Banda Giovanile delle Marche. Andrea, mio allievo presso il Conservatorio “G. Rossini” di Pesaro, è stato il primo nella storia di quell’Istituto a conseguire, nel 2006, il Diploma Accademico di II livello in Clarinetto con la specializzazione in Musica Contemporanea. Prima di questo, ovviamente, aveva già conseguito il Diploma di Conservatorio, sempre al Rossini, all’inizio degli anni ’90 e successivamente si era laureato al D.A.M.S. presso l’Università di Bologna in Discipline Musicali. Ha avuto una carriera poliedrica, sempre caratterizzata da vari interessi, sia come studente che ricercatore, concertista e didatta, senza tralasciare l’aspetto compositivo e l’amore per la direzione. I nomi dei Professori con cui ha approfondito le sue conoscenze musicali sono molti così come quelli dei musicisti con cui ha collaborato, fra questi spicca anche per continuità quello di William Overton Smith. Andrea, dopo aver frequentato nel 1997 le masterclass di Clarinetto di Bill Smith presso l’ARAM di Roma, lo intervistò per la sua tesi di laurea al DAMS e nel 1999 venne chiamato a suonare con lui e con il gruppo SISMA Eclettico Ensemble in un tour di concerti italiano; inoltre, nel luglio 2000, Greganti eseguì l’integrale dei brani per clarinetto solo di William O. Smith nella manifestazione “Un protagonista fra noi, omaggio a William O. Smith” organizzata dalla Fondazione “Valentino Bucchi” nell’ambito del Giubileo Festival. Ora, tenendo fede alla sua caleidoscopica personalità musicale, lo ritrovo nella veste di collezionista di clarinetti.
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Luca Saracca: Allora, Andrea, come ha inizio la tua attività di collezionista?
Andrea Greganti: Ma, in verità, per caso tanti anni fa quando vidi un annuncio dove si vendeva un clarinetto antico proveniente da una villa del Varesotto. Lo strumento era anonimo. In realtà quando lo ebbi tra le mani vidi che nel barilotto era presente un marchio, ma quasi illeggibile. Passarono gli anni senza che potessi comprendere quel marchio. Poi non molto tempo fa, grazie all’esperienza acquisita, sono riuscito a decifrarlo. Ho attribuito il clarinetto a Johann Gross di Innsbruck, databile attorno alla seconda metà del 1800. E’ in legno di bosso, nella tonalità di Do e ha 10 chiavi in ottone. La difficoltà di risalire al costruttore è stata anche legata al fatto che Gross era conosciuto principalmente come costruttore di Ottoni. Però, a conferma della mia ipotesi, Gross fu partner di Anton Brambach il quale fu anche costruttore di strumenti a fiato. Successivamente, poi mi è capitato di acquisire anche un clarinetto di Brambach in Mib a 6 chiavi.
LS: – Credo che sia emozionante scoprire l’autore di uno strumento apparentemente anonimo.
AG: Si, è una grande emozione. La stessa cosa mi capitò quando acquistai il secondo clarinetto, anche questo apparentemente anonimo, quando lo restaurai trovai nella parte sottostante di tutte le chiavi, dove trova alloggiamento il tampone, il simbolo W&G che ho attribuito a Wood & Goulding, noti costruttori inglesi del primo Ottocento. Il marchio di fabbrica di questo clarinetto sembra essere stato volutamente occultato. Il motivo rimane un mistero. E’ probabile che il clarinetto fosse stato commissionato a James Wood, il quale forse si sarebbe occupato di costruire le chiavi lasciando il lavoro del fusto di bosso a George Goulding. In effetti nella chiave del La il marchio è solamente “W”, come a significare che Wood rimane l’autore principale. Infatti il marchio che si trova solitamente è Goulding & Wood, mentre in questo particolare caso l’ordine dei nomi è invertito in “W & G”.
LS: Che tipo di strumenti compone la tua collezione?
AG: Prevalentemente ho clarinetti della prima metà dell’800. Questo è stato storicamente un periodo di grande sviluppo per il clarinetto e i costruttori che si dedicarono alla fabbricazione di questo strumento sono veramente molti. Ovviamente ho tanti clarinetti anche relativi al periodo successivo. Pochi invece sono gli esemplari precedenti al 1800 perché molto più rari. Oltre a clarinetti ho anche strumenti affini, ovvero ad ancia semplice con canneggio cilindrico, come Launeddas e alcuni strumenti etnici. Poi possiedo anche una divertente serie di clarinetti giocattolo. Non possono mancare anche documenti e spartiti relativi al clarinetto come, ad esempio, il Metodo Klosè nella storica prima edizione del 1843, importante per le parole che lo stesso Klosè usa per descrivere il nuovo sistema di clarinetto ad anelli mobili, ovvero quello che prenderà poi il nome di sistema Boehm.
LS: Questo è stato un momento importante nella storia del clarinetto, vero?
AG: Si, questo è stato un momento storico fondamentale per lo sviluppo del clarinetto. Lo strumento all’inizio dell’800 era ancora tecnicamente molto limitato. Il modello di riferimento dell’epoca, il clarinetto classico, aveva cinque o sei chiavi. Nonostante il suo impiego proseguirà in alcune scuole di tradizione per quasi tutto il 1800, come ad esempio per Lefevre, l’ideatore della sesta chiave, che continuerà a suonare per parecchio tempo con questo strumento, in questo stesso periodo ci sono anche le più importanti innovazioni. Tra queste troviamo quella di Muller che nel 1812 aumentò le chiavi a tredici, e appunto quella di Auguste Buffet Jeune che insieme a Klosè inventò il sistema Boehm. E tutto questo sviluppo avvenne in un tempo brevissimo. Klosè e Buffet Jne svilupparono il nuovo sistema ad anelli mobili dal 1839 al 1843, anno di uscita del citato metodo didattico di Klosè. L’importanza di questo sistema è dovuta al fatto che la storia lo ha selezionato come il migliore, perché ancora oggi è il più usato al mondo. E la cosa sorprendente è che gli strumenti costruiti all’epoca sono praticamente uguali a quelli di adesso.
LS: A riguardo hai qualche testimonianza come strumenti musicali?
AG: Si, ho un raro Buffet Jne sistema Boehm. La particolarità di questo clarinetto, che non ho mai visto in altri esemplari simili, è che ha un numero di serie. Nei pezzi superiore e inferiore c’è il numero 98.
LS: Quindi sarebbe il numero 98 della storia dei clarinetti sistema Boehm?
AG: Così dovrebbe essere…
LS: Quali altri sistemi di clarinetti ci sono nella tua collezione?
AG: Oltre gli strumenti antichi che vanno da cinque a tredici chiavi e oltre (vedi Foto n° 1), ci sono sistema Muller, sistema Sax, sistema Albert, sistemi tedeschi e altri più particolari.
LS: Puoi spiegarli?
AG: Il sistema Muller, come ho già detto ha tredici chiavi. I sistemi Sax e Albert, di poco differenti tra loro, sono simili al Muller ma hanno in più due anelli per le dita anulare e medio della mano destra. Sembra che il primo a ideare gli anelli sul clarinetto sia stato Adolphe Sax. Il sistema Albert lo si può trovare con varie estensioni negli anelli e nelle chiavi. Il sistema tedesco ha un canneggio un po’ diverso da quello francese e si sviluppa prima come sistema Baermann-Ottensteiner, poi Stark-Osterried, fino ad evolversi nei sistemi Oehler e Schmidt-Kolbe. Successivamente verrà creato il Reform Boehm che è una fusione tra il clarinetto con canneggio tedesco e meccanica del sistema Boehm “riformata”con vari accorgimenti, come suggerisce il nome del sistema. Il primo a costruire questi strumenti fu Fritz Wurlitzer e io possiedo un suo strumento. Erano fatti in modo artigianale e ora sono abbastanza rari. Oltre a questi sistemi ci sono una grande quantità di esperimenti e di sistemi che cercano di migliorare alcune parti del clarinetto. Ad esempio vari brevetti sono stati fatti per migliorare la nota Sib terzo rigo, da sempre punto critico dello strumento per la sua funzione di nota di passaggio tra il registro grave e acuto. Uno dei più interessanti sistemi a riguardo è quello inventato dai fratelli McIntyre nel 1959, che probabilmente si ispirarono al sistema Romero, dove le chiavi alte sono soppresse a favore di un sistema che usa gli anelli della mano sinistra. Altri sono il modello Mazzeo, il brevetto Leblanc del 1933 e il meccanismo SK del Prof. Stubbins. Tornando indietro nel tempo, esistono alcuni ibridi tra i vari sistemi, cioè strumenti che hanno ad esempio le chiavi del sistema Boehm combinate con gli anelli dell’Albert, o viceversa. Altri sistemi sono Pupeschi, Clinton, Heckel, Graessel, Double Boehm, ecc. (Vedi Foto n° 2).
LS: Quali sono i paesi più importanti nel panorama storico del clarinetto?
AG: La Germania e la Francia. A questi possiamo aggiungere il Belgio, l’Italia, l’Inghilterra, l’Austria, la Repubblica Ceca e gli Stati Uniti. Altri paesi sono coinvolti in modo più marginale.
LS: Hai un esempio di questi paesi meno centrali?
AG: Per citarne uno, ho un clarinetto in Do sistema Sax del Lussemburgo marcato Guill. Stomps, fournisseur de la Cour, Conservatoire de Luxembourg.
LS: Quali sono i materiali impiegati per la costruzione dei clarinetti nel corso della sua storia?
AG: I materiali sono vari. I clarinetti antichi sono in genere in legno di bosso, un legno chiaro molto compatto, adatto per costruire strumenti musicali. L’albero di questo legno ha una crescita molto lenta e dopo il massiccio impiego fatto nella prima metà dell’Ottocento cominciò a scarseggiare. Così si iniziò ad usare l’ebano che veniva dall’Africa. All’inizio l’ebano era più pregiato del bosso perché veniva da lontano, poi col passare degli anni diventò il materiale usuale. Dopo il grande sfruttamento fatto anche di questo legno, adesso alcuni tipi di ebano sono a rischio estinzione. Così, in tempi moderni, alcuni hanno iniziato ad usare una pasta di legno in modo da ridurre gli sprechi. Ovviamente sono stati e vengono usati anche altri tipi di legno come palissandro, cocobolo, ulivo, ecc. Anticamente, per pochi esemplari più pregiati, fu impiegato anche l’avorio. All’inizio dell’Ottocento si iniziò ad usare il metallo, il cui utilizzo ebbe un’intensificazione nella prima metà del Novecento soprattutto negli Stati Uniti. Dopo la seconda guerra mondiale il metallo era diventato meno reperibile e si affacciò sul mercato un nuovo materiale che da lì in poi avrebbe invaso il mondo, non solo del clarinetto, la plastica. Possiedo uno dei primi esemplari fatti con questo nuovo materiale, il Grafton del 1953 in plastica gialla. Questo marchio ebbe un momento di notorietà con il Saxofono suonato da Charlie Parker. Dopo che il progetto naufragò fu tentata miglior fortuna con il clarinetto ma purtroppo anche questo non ebbe successo. Nella seconda metà dell’Ottocento si iniziò ad usare anche l’ebanite, un materiale con caratteristiche simili al legno ma più economico. Kohlert e successivamente anche Buffet Crampon hanno prodotto clarinetti in plexiglas. Nel 1984 il marchio Gustav Rudolf Uebel produsse un avveniristico clarinetto di alluminio, ma purtroppo non ne ho ancora trovato uno per la mia collezione.
LS: Comunque tu possiedi vari clarinetti di metallo, giusto?
AG: Si, ho degli esemplari interessanti. Uno Shemmel di Vienna a 7 chiavi datato 1830 circa. Poi ho un Kohlert e un Hawkes & Son dei primi del Novecento. I clarinetti di metallo più pregiati sono però quelli a doppia cameratura. Nella mia collezione è presente un clarinetto attribuito a Rampone di Milano con sistema Muller del 1880 circa, uno dei primi a doppia cameratura costruiti in Italia. Poi ho tre Conn Wonder in Mib, Do e Sib, i primi strumenti a doppia cameratura fatti negli Stati Uniti attorno al 1890. Con sistema Boehm ci sono un Clari-Met Penzel Muller del 1910 e un Triebert, anche questo del primo Novecento. (Vedi Foto n° 3).
LS: Che varietà di tagli strumentali hai?
AG: Faccio alcuni esempi per ogni taglio partendo dal più piccolo: ho un sopranino in Lab Rampone e Cazzani. Poi clarinetti in Sol (Wolf), in Fa (Uhlmann), in Mi (Wrede, Horn), in Mib (Bratti e Ballerini, Huttl, Pfaff, Schaller), in Re (Berthold, Stengel), in Reb (Stowasser), in Do (Amlingue, Gerock & Wolf, Huller, Ludwig & Martinka, Martin Fres, Noblet ainè), in Si (Daniel, Lefevre, Mahillon), in Sib (Barfoot, Cerveny), in La (Schemmel). (Vedi Foto n° 4). Poi ci sono clarinetti contralto (Evette & Schaeffer, Orsi), basso (Sioli, Hawkes & Son) e un contrabbasso in Mib Leblanc. (Vedi Foto n° 6). Su alcuni strumenti non è sempre chiaro il taglio strumentale. Gli strumenti in certi periodi potevano essere fatti con intonazioni più alte (High Pitch) o più basse (Low Pitch), e se lo strumento non ha il bocchino originale a volte si può confondere il tono con un alto o basso Pitch. Inoltre nella storia l’intonazione è stata variabile dipendendo dal periodo e dalla zona. Quindi, ad esempio, clarinetti che sembrano in Si in realtà potrebbero essere in Sib con alto Pitch.
LS: Ci sono clarinetti a doppia tonalità?
AG: Anticamente si usavano pezzi di ricambio per suonare in vari toni, così esistono set completi di strumenti con pezzi di ricambio per suonare ad esempio in Do, Sib e La. Io possiedo un Finke con parti di ricambio, tra cui anche il barilotto, in Sib e La. Poi successivamente sono stati inventati vari meccanismi per ricavare da un unico strumento due o addirittura tre tonalità come nel caso di un brevetto Triebert di metà Ottocento. Nella mia collezione ho un raro Maino & Orsi. Dal 1881 questa fabbrica sviluppò un clarinetto a doppia tonalità che ebbe molto successo, e fino al 1887 propose tre versioni. Il mio appartiene alla prima generazione, è di legno chiaro con un tubo interno di metallo che scorre per gran parte dello strumento. (Vedi Foto n° 5).
LS: Ci sono nomi maggiormente ricorrenti nella tua collezione?
AG: Si. La famiglia Albert è presente con il capostipite Eugène, da cui prende nome il sistema Albert. Poi ci sono i figli Eugène Joseph e Jacques. Altro nome di cui ho vari esemplari è Buffet. Oltre il già citato Buffet Jne, sono presenti altri clarinetti come un sistema Muller di Jean Luis prima che diventasse Buffet Crampon. Poi sono interessanti anche i marchi che temporaneamente hanno acquisito il marchio Buffet Crampon mantenendo comunque il marchio originario e permettendo alla Buffet Crampon di continuare ad esistere fino ai giorni nostri. Tra questi troviamo un clarinetto Tournier & Goumas, i quali amministrarono la Buffet Crampon dal 1855 al 1859, e due esemplari Evette & Schaeffer del periodo dal 1885 al 1929. Uno è un clarinetto contralto e l’altro è un raro modello di basso molto compatto, attraverso un giro completo su sé stesso della parte alta e una lunga campana. (Vedi Foto n° 6). Un altro nome ricorrente è Thibouville. Io ne ho alcuni, ma i vari componenti della famiglia e soprattutto le numerose collaborazioni con altri costruttori fanno contare questo nome nella storia in oltre venticinque marchi.
LS: Immagino che ci siano anche delle curiosità.
AG: Ho un clarinetto per mancini, ossia con la diteggiatura invertita, la mano sinistra è in basso. E’ un Adler, questa ditta fu una delle poche, o forse l’unica, che costruì questi strumenti in serie. Uno strumento particolare è il clarinetto “a voce rinforzata”, brevetto Rampone del 1900, che è un clarinetto soprano con campana e barilotto di metallo curvi. Lo strumento fu poi prodotto anche da vari marchi francesi e statunitensi. Un’altra curiosità è la Clarola del 1930 circa di Chicago, giocattolo con meccanismo simile agli organi meccanici a manovella, a fiato, che utilizza rotoli di carta con 16 suoni. Infine qualcosa di più recente, un Vito (Leblanc) con pezzi in alternanza bianchi e neri. Probabilmente era usato nelle Marching Band statunitensi. (Vedi Foto n° 7).
LS: Che significato ha per te portare avanti questa collezione?
AG: Oltre l’aspetto puramente ludico che ho sempre avuto fin da giovane, da quando collezionavo fossili o bottiglie di birra, c’è sicuramente un aspetto di ricerca e studio. Il collezionare strumenti mi ha permesso di approfondire la storia e l’evoluzione del clarinetto e ovviamente quando è possibile cerco di suonare gli strumenti così da ridargli nuova vita. Ho potuto approfondire tematiche di cui prima non sapevo quasi nulla come ed esempio la storia del clarinetto di metallo o l’epopea della famiglia Buffet. Ogni strumento nuovo che acquisisco, quindi, fornisce informazioni e spunti di ricerca che contribuiscono a creare un panorama più chiaro sulla storia del clarinetto.
LS: Ringrazio Andrea per avermi concesso questa intervista e per avermi mostrato dal vivo la sua collezione, nonostante le ristrettezze dovute alla pandemia abbiamo avuto modo di passare insieme un’intera giornata ed ho potuto toccare con mano quasi tutti gli strumenti della sua raccolta che, auspico possa diventare anche ausilio didattico e mostra itinerante da abbinare ad opportune masterclass sulla storia ed evoluzione del nostro strumento.